Desailly

 

La mia personale top 20

 

I primi cinque giocatori emblematici della mia vita rossonera

 

 

Mi è stato chiesto di elaborare una classifica dei miei giocatori milanisti preferiti. Il compito in sé non è molto semplice perché ho avuto la fortuna di vivere annate particolarmente ricche di successi e di giocatori importanti. Sia consentito quindi fare una cernita mettendo in questa top 20 quei giocatori che, per me, hanno rappresentato qualcosa soprattutto sul piano emozionale, oltreché su quello tecnico.

20esimo Roberto Donadoni. Ai tempi, era stato mirabilmente ribattezzato “luci a San Siro”. In effetti era complicato per i cantori del Milan trovare a Donadoni un soprannome più adatto. Il numero 7 rossonero è stato, nella mia visione del calcio, il giocatore che ha scolpito nella memoria il “know how” del perfetto esterno offensivo. Se quando parlo di calcio uso la parola “ala” la mia mente va subito a Donadoni. Perché Roberto era un giocatore straordinario che interpretava quel ruolo divinamente. Saltava l’uomo con facilità irrisoria e vedeva il gioco prima degli altri. Una goduria per gli occhi e per il cuore.

19esimo Ruud Gullit. Qui non siamo nel campo delle opinioni ma delle vere e proprie professioni di fede. Chi ha vissuto gli anni 80 con gli occhi del bambino (come d’altronde è accaduto a me) innamorato del Milan, non poteva non farsi rapire da Ruud. Quelle cavalcate meravigliose che incutevano timore negli avversari e gonfiavano il petto dei milanisti, restano immagini di un’altra era impossibili da rimuovere. Raramente ho visto tanta potenza fisica adeguarsi così bene su un giocatore di talento. Sono del parere che senza di lui, senza il suo modo di fare, senza le sue tipiche treccine, la rivoluzione rossonera di Sacchi avrebbe avuto qualcosa in meno sul piano dell’impatto sociale.

18esimo Marcel Desally. Quando arrivò al Milan era l’autunno del 1993. Lo ricordo come fosse ieri. Doveva essere un’alternativa a centrocampo e in difesa, divenne invece una vera e proprio muraglia umana erta a protezione della linea difensiva. Credo che l’acquisto del francese, per il Milan, abbia segnato anche l’inizio della seconda era di Capello, quella meno a vocazione offensiva e più adatta ad esaltare le caratteristiche del reparto arretrato rossonero. Marcel fu uno dei pionieri di quelle rivoluzione. Il suo gol del 4-0 contro il Barcellona rimane per me uno dei ricordi più belli della mia primissima adolescenza: una sensazione di prepotenza che metteva il sigillo finale su uno dei successi più importanti della nostra storia. 

17esimo Daniele Massaro. In tanti lo chiamavano “Provvidenza”. Per me era semplicemente il nostro cecchino infallibile. Massaro non nasce punta. Il suo è stato un percorso che lo ha portato da centrocampista ad attaccante. Ha imparato dai migliori in quegli anni di Milan. Sapeva intuire prima degli altri come muoversi sul filo del fuorigioco e conosceva meglio di tutti il “come” i compagni gli avrebbero servito la palla. Questo lo aiutava a muoversi prima dei suoi marcatori. Ero impressionato dal suo modo di fare gol. Di destro, di testa, di sinistro, a volte in maniera fortunosa. Quando la palla è così tanto attratta da un giocatore, non puoi non sentire un alone di magia.

16esimo Marcos Cafu. La dolce estate del 2003, con i tifosi del Milan avvolti dalla dolcezza e dalla goduria della vittoria di Manchester, fece passare un pochino sotto traccia il mercato. Cafu però venne accolto con immenso scetticismo, come si conviene per tutti i giocatori over 30. Lui poi giocava in fascia, ruolo nel quale la corsa era un requisito fondamentale. Eppure Marcos, per ben due anni, spiegò a tutti cosa significa attaccare la linea difensiva coi tempi giusti. Persona seria, uomo vero, mi stupiva che i compagni lo chiamassero “capitano”. Non lo era ma aveva una tale autorità che era impossibile non riconoscergliela. Da quando è andato via lui, non ho più trovato un terzino destro capace di esaltarmi.

Continua…

 

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